Come si fa a far parte del monastero Wi-Fi?

È una domanda che mi sento rivolgere spesso, anche alla fine degli incontri che faccio in giro per l’Italia. Poco tempo, tante persone da salutare, ascella sudata, neuroni stremati, insomma finisce sempre che non riesco a spiegare un bel niente.

Quindi proviamo a dirlo qui, una volta per tutte.

Innanzitutto cos’è il monastero Wi-Fi?

È una compagnia di persone che desiderano avere una vita di preghiera, trovare degli spazi per Dio nel quotidiano. Persone che hanno vite normali, spesso anche piuttosto faticose e piene, ma desiderano essere sempre più “monaci”, nel senso di “monos”, unitario. Persone che quando lavorano o cucinano, quando sono in famiglia o con gli amici, cercano sempre di ricondurre il cuore a Dio, nella certezza che è nella vita quotidiana che Dio ci incontra, ed è qui che va cercata e fatta la sua volontà. Essere in un monastero interiore, dunque, significa ricordarsi tante volte al giorno dove fissare lo sguardo, dove tenere il cuore. E sebbene una suora di clausura una volta mi ha detto che non esistono monaci così, cioè con il cuore sempre fisso in Dio – pare che si distraggano anche loro, in clausura, figuriamoci noi – il nostro desiderio è di andarlo sempre a riacchiappare, questo cuore distratto.

Chi legge per la prima volta adesso penserà che non ci sia niente di particolare, in questo monastero wifi. Quello che cerchiamo di fare, la frequenza dei sacramenti, del tempo per la preghiera e la parola di Dio, è quello che la Chiesa fa e propone da sempre. Effettivamente è così. Infatti il monastero non è un movimento, non è una novità. È una storia di amicizia, di persone che vogliono farsi compagnia nella vita di fede, essendo sempre più nella Chiesa, senza etichette né appartenenze.

Tutto è nato da un piccolo numero di amiche che avevano letto Si salvi chi vuole, il mio libro in cui cerco di illustrare un piano di vita spirituale conciliabile con lavoro, famiglia, una vita pienamente nel mondo. Un piano fondato su cinque pilastri: ascolto della Parola di Dio, preghiera, confessione, eucaristia, digiuno. Queste amiche e lettrici una volta in riva al mare mi dissero che desideravano una giornata in cui ci facessimo un po’ di compagnia: l’idea era di prendere una boccata d’aria e una ricarica di energie per poi rituffarci tutte nella nostra vita. Ricordo bene quando l’amica toscana mi disse “beata tu che a Roma hai tanto a cui attingere, tanti sacerdoti da andare ad ascoltare, io sono nel mio paesino da sola, a messa con due vecchiette, e ogni tanto mi viene nostalgia di un po’ di comunione”. Così nacque l’idea di ritrovarci a Roma, un piccolo gruppetto (così pensavamo), per fare una giornata di full immersion: “andiamo insieme alla messa – dicevano le amiche – preghiamo un rosario, facciamo adorazione, e poi ci porti ad ascoltare uno di quei sacerdoti meravigliosi che frequenti”.

Doveva essere una cosa per pochi, non perché volessimo escludere qualcuno, ma perché non si pensava che la cosa sarebbe interessata a molti. Ho lanciato la proposta sul mio blog – ho sempre il terrore di dimenticarmi di qualcuno – e in breve tempo da una dozzina, come credevamo, siamo diventati duemila.

Così abbiamo capito che il desiderio che noi avevamo incrociava il bisogno di molte persone. C’è molta solitudine in giro, molta, soprattutto per chi non appartiene a qualche realtà ecclesiale ben organizzata e ancora viva. Io stessa, come racconto sempre, ne ho tanto sofferto lasciando la mia parrocchia e cambiando città. Quando ci siamo accorte dei numeri, con gli iscritti che crescevano di giorno in giorno, il lavoro è diventato di squadra: capeggiate dalla bionda genovese, Monica Marini, abbiamo cercato una chiesa (prima una parrocchia, poi è servita una Basilica), invitato sacerdoti, organizzato un’infinità di cose (se uno viene giù dalle valli bergamasche, una prende un aereo dalla Sardegna, non è che possiamo farli venire a Roma solo per una meditazione: così il programma si è allargato fino a diventare una giornata intera di catechesi e preghiera). Prepara i canti, fai i libretti, scegli le letture, parla coi cerimonieri, trova i fondi per le spese, aiuta chi vuol venire ma non ha i soldi.

Piano piano siamo riuscite a organizzare tutto. La prima volta a san Giovanni il tema è stata la vita spirituale, che, come dicevo, si fonda su cinque pilastri. Gli stessi che saranno esaminati uno ad uno nei successivi incontri, che abbiamo chiamato Capitolo generale del monastero wifi. Dell’ascolto della Parola di Dio abbiamo parlato a San Paolo. Della preghiera e, l’anno dopo, della confessione, a san Pietro (perché nel frattempo gli iscritti aumentavano sempre di più). Il prossimo capitolo generale sarà il 14 ottobre a San Pietro (sarà possibile iscriversi da questo sito), e il tema sarà l’eucaristia. L’anno prossimo sarà la volta del digiuno. Poi, vediamo cosa ci ispirerà Dio.

Ma siccome oltre alla ricarica annuale è bello e direi anche necessario farsi compagnia un po’ più spesso, in molte città sono nati dei gruppi di persone, spero si possa sempre più dire “delle comunità” che si vedono con maggiore frequenza (tendenzialmente una volta al mese), per pregare insieme, in chiesa. La presenza di un sacerdote è fondamentale, sia perché c’è anche un momento liturgico o l’adorazione, sia perché noi ci teniamo molto a sottolineare che vogliamo stare dentro la Chiesa, così come è, senza aggiungere nulla, ma anzi valorizzandone la grande ricchezza. È per questo che ai capitoli generali cerchiamo di invitare sacerdoti provenienti da diverse spiritualità e cammini, movimenti e ordini, senza divisioni né appartenenze. Vogliamo essere tutti di Cristo.

Quindi, fatta tutta la premessa: se vuoi appartenere al monastero, già gli appartieni, perché si vede che stai cercando Dio, basta il battesimo. Se però cerchi una compagnia più concreta ti consigliamo di venire al capitolo generale a Roma, di recuperare qui o sul mio blog (https://costanzamiriano.com/) le catechesi dei capitoli passati e di verificare se nella tua città ci sia già gente che prega con questa appartenenza, e unirti a loro. Abbiamo bisogno di compagni di trincea che ci aiutino nel combattimento della vita spirituale. Essere monaci infatti è essere guerrieri. Conquistare il nostro cuore a Dio, convertirci per poi diventare capaci di amare seriamente e concretamente, è la più dura e cruenta delle guerre, e non possiamo vincerla da soli. Abbiamo bisogno di fratelli e sorelle, abbiamo bisogno di essere nella Chiesa.